Non nascondo che dinnanzi ai ruderi inseriti, spesso nascosti, in paesaggi splendidi e in una natura incantevole, sono stato colto spesso da turbamento, da fascino, da dolore e da ammirazione. Il riguardo, talvolta, l’amore che notavo in molte persone per i resti, talora imponenti, del loro passato, che rivelano vicende artistiche, culturali, religiose, sociali, complesse e affascinanti, mi ponevano anche nella posizione di osservatore stupito, incantato, disposto a “perdere tempo”. Tutto ciò si concretizzava nel mio progetto di antropologia delle rovine, che dovevano essere indagate come tratti di una storia passata, controversa, ma anche come materiali e simboli con un loro senso, una loro ragione, una loro vitalità nel presente.
Vito Teti, 2004