Alcamo

Docente W.A.Ve. 2018
Ammar Khammash [JO]

Collaboratore
Filippo De Dominicis [IT], Rossella Villani [IT]

Al ritorno ci siamo fermati ad Alcamo. È singolare la maniera in cui il sole disfa la pietra avvolgendola fino al nucleo nella vampa aurata. I contorni si sbriciolano e questo agglomerato solare si fonde nella lontananza con lo scenario di monti e di rocce su cui si è innalzato. Dapprincipio la patina del tempo fa invecchiare le cose, ma poi sopprime le tracce della storia e restituisce le opere alla natura. Queste diventano allora ‘edifici’, nel senso in cui con questa parola alludiamo anche alle tane e ai nidi, come nel caso delle api, delle formiche e delle lucertole. Nel vederli siamo colti da una specie di torpore; presagiamo che qui anche la vita ha smarrito la sua dimensione storica e pulsa in guisa più istintiva ed elementare.

Ernst Jünger, 1927

Situata nel nordovest della Sicilia, Alcamo è un comune della provincia di Trapani, al confine con la città metropolitana di Palermo. La sua area urbana si sviluppa in due porzioni distanti circa 6 km tra loro. La principale comprende il centro cittadino, che sorge ai piedi del Monte Bonifato in un tessuto urbano piuttosto denso. L’altra, Alcamo Marina, è una frazione caratterizzata da un tessuto diffuso che scende verso Il mare per creare, sul bordo del Golfo di Castellammare, un insediamento maggiormente frequentato nel periodo estivo come zona di villeggiatura.

Le prime testimonianze della presenza umana nella regione di Alcamo risalgono al Neolitico, sebbene i primi centri abitati noti siano quelli fondati dai Greci e dai Romani nei dintorni del Monte Bonifato. La nascita di Alcamo come città è attribuita agli Arabi: testimonianze scritte normanne del Duecento riportano l’esistenza di un insediamento musulmano nel sito, caratterizzato da mercato, castello e una moschea. La città ha subito diverse dominazioni lungo i secoli, come quelle dei Normanni e degli Svevi, tutte le quali hanno lasciato traccia sulla sua morfologia urbana. Dopo aver attraversato periodi di grossa difficoltà economica e sociale nei primi decenni del Novecento, a partire dagli anni Sessanta il tessuto urbano si è notevolmente ampliato e ha visto la costruzione di quelle che nel presente sono le principali arterie viarie.

L’economia dell’odierna Alcamo si basa soprattutto sul settore agricolo con coltivazioni caratteristiche del suo territorio, come l’ulivo e il melone. La produzione vinicola ha molta importanza – ci sono circa 3.700 aziende vinicole nella città – affiancata dall’allevamento bovino e ovino. Sono significative anche l’attività estrattiva del marmo e la produzione artigianale legata al legno, al ferro battuto, alla ceramica e al ricamo.

Il comune di Alcamo, come molte città italiane che si affacciano sul mare, si presenta con due parti di città la cui vita è scandita dall’alternarsi tra stagione estiva e invernale: la città sviluppatasi attorno al centro storico, che sorge alle pendici del Monte Bonifato, e la città lineare sulla costa, Alcamo Marina.

Oggi l’Amministrazione comunale di Alcamo insieme allo Iuav di Venezia intende aprire delle riflessioni progettuali che tengano insieme il rapporto tra città costiera, la retrostante struttura naturale del territorio – caratterizzata da terreni agricoli e valloni – e la città storica. L’operazione volta a valorizzare il patrimonio alcamese in un ottica di destagionalizzazione territoriale, intende dunque coordinare una serie di possibili interventi di recupero di aree dismesse o abbandonate e di miglioramento della rete infrastrutturale della mobilità presente sul territorio.

Ripensare la ferrovia di Alcamo Marina  

W.A.Ve. 2018 in particolare approfondirà il tema del ripensamento della strada ferrata di Alcamo Marina che si trova sulla linea ferroviaria Palermo-Trapani (1937)e della sua stazione.

La fascia costiera di Alcamo ha subito nel tempo una serie interventi che hanno modificato pesantemente le condizioni del litorale sabbioso, e la line linea ferroviaria rappresenta una prima cesura verso il mare. La speculazione edilizia (avviatasi tra fine anni Cinquanta e inizio anni Sessanta del Novecento) ha saturato il territorio di abitazioni private, causando notevoli danni ambientali. Oggi la frequenza dei treni regionali sulla linea che serve Alcamo Marina è diventata piuttosto bassa (il mezzo di locomozione principale della zona è l’auto); pertanto la linea ferrovia può essere ripensata come mezzo di trasporto alternativo e servito da piccole stazioni in corrispondenza agli accessi al mare. La stazione ferroviaria si trova quasi sul confine con il comune limitrofo di Castellammare del Golfo, tant’è che fino a oggi prende il nome di “Stazione Castellammare del Golfo”. La stazione sorge su una vasta area che si distingue nella struttura urbana di Alcamo Marina – costituita principalmente da lotti con abitazioni private – poiché a partire dal Secondo dopo guerra fu destinata a zona industriale, probabilmente proprio per la posizione strategica, tra la stazione ferroviaria e il mare, che facilitava il trasporto merci. Insieme ai fabbricati industriali oggi dismessi coesistono tracce storiche precedenti, nel 2003 furono ritrovati nei pressi della foce del fiume San Bartolomeo dei reperti di una fornace romana (I a. C. – III d. C.).

Sul litorale si trova la ex Tonnara Magazzinazzi, le cui prime notizie storiche risalgono al 1600; attiva fino al XX Secolo, negli anni Ottanta viene trasformata in discoteca, diventando la più importante della Sicilia occidentale fino agli anni Duemila. Attualmente l’edificio è semi-abbandonato. Vicino all’ex Tonnara Magazzinazzi si trova la palazzina padronale, dei Foderà, risalente ai primi dei Novecento e contraddistinta da una torre merlata. Accanto alla stazione si trova un’area ferroviaria dismessa recintata, al momento adibita ad area ristoro e attività ricreative-sportive. L’intera zona presenta dei grandi recinti oltre a quello delle ferrovie, quelli dell’ex segheria Sicilmarmi, la quale ricopre una vasta area prospiciente sia al mare che alla foce del Fiume San Bartolomeo. Il recinto dell’ex Petrolgas, il cui terreno è stato recentemente acquistato da privati con l’intenzione di riconvertirlo in struttura ricettiva.

L’insieme di queste aree possono essere lette come un unico ambito su cui ragionare incentivando le potenzialità esistenti per renderlo un nuovo polo attrattore nonché l’ingresso alla località balneare sia per chi vi giunge in auto da ovest, sia per coloro che vi giungono in treno dalle rispettive direzioni, Palermo o Trapani.

Alcamo città dei tre castelli

Lo stemma di Alcamo usato dai tempi di re Federico II è un’Aquila nera volante coronata di Oro con tre monti al di sotto, e due Querce d’Oro. Le due querce rappresentano le due città che originariamente si trovavano nel territorio di Alcamo, una sul monte Bonifato e l’altra nei pressi dell’odierno centro abitato, il corrispettivo di questa polarità, traslata verso il territorio costiero, esiste oggi tra Alcamo e Alcamo Marina. La struttura territoriale alcamese, costituita da stratificazioni di insediamenti che dal monte Bonifato(risalenti a circa  VII-VI secolo a.C) giungono progressivamente verso il mare, è scandita anche dalla presenza di Tre castelli: Il Castello Ventimiglia sul monte Bonifato, il Castello dei Conti di Modica nel centro storico e Il Castello di Calattubo nel terreno agricolo retrostante alla fascia costiera.

Castello Ventimiglia

Sul monte Bonifato, svetta, isolata l’ultima torre del castello dei Ventimiglia. La notizia più antica risale al 1182 e riguarda la descrizione dei limiti della “divisa di Bonifato, che comprendeva 600 salme di seminativi” mettendo in evidenza come il territorio circostante fosse tutto coltivato a cereali. La prima notizia del castello si ha, nel 1337 quando Pietro II lo concedeva al Peralta, ma già prima, nel 1332 Federico III concedeva un privilegio agli abitanti di Bonifato, e solamente nel 1397 Enrico Ventimiglia, figlio di Guarniero, dichiarava di aver costruito il castello di Bonifato. Il castello, quindi, risale al XIV secolo ed è errata la denominazione di torre saracena che si dava fino a poco tempo fa. Del castello, se si esclude la torre, oggi rimangono solamente dei ruderi. Solamente un innesto murario ancora visibile, sul lato Nord-Est della torre, indica l’andamento settentrionale della cortina muraria difensiva del fortilizio. Lo schema planimetrico del castello è assimilabile a un trapezio rettangolare, dove tre lati collegati ad angolo retto si uniscono al quarto molto inclinato. La torre, esistente, era posta sull’estremità Nord-Ovest dell’impianto difensivo. Da lì si sviluppavano i due lati perpendicolari che si affacciavano sul fronte Nord ed Ovest, dove una leggera pendenza accoglieva l’abitato medievale, ancora visibile con rilevanti cumuli di pietra. Il lato Sud, quello più inaccessibile per via di uno strapiombo roccioso, era collegato al muro inclinato ad Est.

Castello dei Conti di Modica

Simbolo del potere baronale, fu costruito tra il 1340 ed il 1350 dai fratelli Enrico I e Federico III Chiaramonte. Nel 1359 venne concesso da Re Federico III, che lo aveva tolto ai Chiaramonte, a Guarnero Ventimiglia, quest’ultimo iniziò la costruzione della cittadella e del torrione di guardia con ponte levatoio, poi demolito nel 1758. Successivamente a difesa dell’abitato furono erette mura di diverso spessore con merli guelfi, caditoie e feritoie a cui seguiva un fossato. Il castello, costruito in conci di pietra non squadrati, presenta con una pianta a forma romboidale con cortile interno e quattro torri angolari, due quadrate e due rotonde, che si alternano. All’interno sono  presenti due cappelle, una per gli appartamenti superiori e una al piano terreno, dedicata a Nostra Signora Della Pietà, per i prigionieri, poiché nello stesso castello c’erano le carceri civili e criminali della città.

Castello di Calatubo

Il Castello di Calatubo si fonda su un rilievo roccioso da cui si dominano il golfo di Castellammare e l’entroterra. E’ un complesso architettonico pluristratificato di notevoli dimensioni (circa 150 per 35 metri). Fino agli anni ’60, il Castello era ancora in buono stato di conservazione, grazie al continuo utilizzo dell’antica dimora che, con pesanti interventi di ristrutturazione aveva consentito, comunque, il mantenimento delle fabbriche. Poi l’oblio. La fortezza, ormai abbandonata, divenne un ovile. L’azione distruttiva degli animali, il terremoto del 1968 e l’assenza d’interventi condusse al crollo dei solai e infine delle murature. A ciò si aggiunse l’opera degli scavatori di frodo che s’intensificò nell’area intorno al Castello, interessati ai reperti archeologici che venivano alla luce nell’importante necropoli risalente al VII secolo a.C.

I tre castelli  distano all’incirca 6 chilometri l’uno dall’altro e, ad esclusione del castello dei Conti Modica, che sebbene abbia subito discutibili interventi di restauro si presenta in buono stato, gli altri due sono ridotti a rudere. Il Castello di Calatubo in particolare è stato inserito nella campagna dei “luoghi del cuore” Fai del 2015,con il tentativo di fermarne l’abbandono. Oltre ai progetti di  recupero e valorizzazione dei due castelli periferici rispetto al centro storico, un progetto di connessione tra i tre castelli, possibilmente privilegiando la mobilità a percorrenza lenta attraverso il recupero di strade bianche o interpoderali che permettono la fruibilità del paesaggio agricolo, rientrerebbe nella logica di valorizzazione del rapporto, oggi negato, tra Alcamo e Alcamo Marina.

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